Il 29 novembre 2019 il Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha dichiarato l’Italia in violazione del Patto sui Diritti Civili e Politici e ha riscontrato una violazione dell’articolo 25, congiuntamente all’articolo 2, nei confronti di Mario Staderini e Michele De Lucia.
Più precisamente, il Comitato ha concluso che l’Italia ha violato il diritto di Staderini e De Lucia (e con loro di tutti i cittadini italiani) di partecipare alla vita politica e al governo del Paese -senza ostacoli irragionevoli- attraverso i referendum e le leggi di iniziativa popolare.
Il Patto sui Diritti Civili e Politici è il principale trattato in materia di diritti umani del sistema di protezione dei diritti Umani delle Nazioni Unite. L’Italia lo ha ratificato il 15 Settembre 1978. Il Comitato, composto da 18 esperti indipendenti rappresentati tutti gli Stati delle Nazioni Unite, è l’organismo predisposto ad assicurare che gli Stati contraenti del Patto lo rispettino.
Le conclusioni dall’unanimità del Comitato nel caso Staderini and DeLucia v. Italy (Comm. 2656/2015) dichiarano che in Italia l’esercizio effettivo del diritto di tutti i cittadini a promuovere referendum è irragionevolmente regolato e, di fatto, impedito da:
- procedure legislative ingiustamente restrittive e irragionevoli;
- sabotaggio da parte delle Istituzioni.
Le violazioni sono state determinate da:
- la presenza (nella legge 352/70 che disciplina la procedura referendaria) di “restrizioni irragionevoli” al diritto dei cittadini di promuovere referendum. In particolare, la raccolta firme è impedita dalla previsione di un obbligo per i promotori di far autenticare le firme da un pubblico ufficiale presente al momento della sottoscrizione, senza però che la legge garantisca ai promotori la disponibilità per strada di quei pubblici ufficiali.
- il mancato intervento delle Istituzioni (Presidente Consiglio, Ministro dell’Interno, Ministro della giustizia, Presidente della Repubblica) a cui Staderini e De Lucia nel 2013, e Staderini in occasione di altro referendum del 2016, si erano rivolti per denunciare l’assenza di autenticatori
- le inadempienze di molti Comuni (che non consentivano di firmare o non informavano) e l’assenza di pubblica informazione sulla campagna referendaria
Una volta determinate le Violazioni, il Comitato ha dato all’Italia 180 giorni (entro la fine di Maggio 2020) per:
- dare pieno ed effettivo rimedio alle vittime della violazione, incluso atto di scusa formale alle vittime della violazione.
- tradurre e pubblicare la decisione del Comitato, “diffondendola il più ampiamente possibile”
- prendere misure per evitare in futuro il ripetersi di violazioni simili, incluso modificare la legge che regola i referendum, assicurando che non via siano più restrizioni irragionevoli alla partecipazione dei cittadini alla vita politica.
La nuova legge, in particolare, dovrà:
- assicurare ai promotori dei referendum strumenti per autenticare le firme;
- garantire che la raccolta firme si possa tenere negli spazi più frequentati dai cittadini (ad esempio piazze e centri commerciali privati);
- assicurare che la popolazione sia informata delle raccolte referendarie e della possibilità di prenderne parte
Decisione storica
- Questa è la prima volta che l’Italia viene condannata per aver violato l’articolo 25 del Patto, che codifica il diritto dei cittadini a partecipare alla vita politica attraverso strumenti di democrazia rappresentativa e diretta (ed è anche uno dei pochi casi al mondo)
- la prima volta che il Comitato diritti umani dell’Onu si è espresso in materia di referendum (creando un precedente che farà scuola in tutti gli Stati dove si usano referendum e strumenti di democrazia diretta).
Il caso è stato portato di fronte al Comitato nel luglio 2015 dall’International Human Rights Center della Loyola Law School, Los Angeles, diretto dal Professor Cesare Romano, che ha seguito pure le memorie negli anni successivi.
FATTO
Il procedimento trae origine da quanto accadde nel 2013 in occasione dei sei referendum (in materia di: immigrazione, legalizzazione droghe, otto per mille, finanziamento dei partiti, divorzio) presentati da un gruppo di promotori, con Staderini e De Lucia, all’epoca rispettivamente Segretario e Tesoriere di Radicali italiani, primi firmatari.
La campagna di raccolta firme si caratterizzò per la difficoltà di reperire autenticatori e per una serie di violazioni da parte delle istituzioni, fermandosi a 200 mila firme raccolte sulle 500 mila necessarie. Il sabotaggio da parte delle istituzioni si realizzo attraverso sia azioni che omissioni:
- Assenza di autenticatori disponibili senza che Governo prendesse provvedimenti
- Istituzioni non hanno informato su cosa, come, dove e quando firmare
- Malfunzionamento dei Comuni e violazione dei loro obblighi
- Complessità vidimazione e certificazione dei moduli
- Mancata risposta del Governo alle richieste di aiuto dei promotori dei referendum
Sin dall’inizio della campagna referendaria Staderini e De Lucia scrissero inutilmente al Governo Letta, al Presidente della Repubblica Napolitano e altre istituzioni per denunciare assenza di autenticatori e chiedere intervento. Dopo mesi di inerzia e iniziative nonviolente, il Ministero dell’Interno ammise il problema e adottò una circolare che però il Comitato Onu ha accertato essere stata nei fatti inutile.
Il 30 settembre furono depositate 200 mila firme in Cassazione denunciando gli ostacoli incontrati e le violazioni di legge, ma la Cassazione non ne tenne conto e boccio le firme raccolte.
Subito dopo Staderini e De Lucia, nell’ottobre 2013, scrissero anche a tutti i parlamentari, denunciando il fatto che i cittadini non potevano più esercitare il loro diritto di promuovere referendum, e allegarono una serie di modifiche legislative a costo zero che avrebbero reso semplice la raccolta firme. Nessuno fece nulla.
Nel 2016, in occasione del referendum sulla riforma costituzionale, Staderini presentò una richiesta di referendum costituzionale (per chiedere la votazione “per parti separate”), ma si ripeterono gli stessi ostacoli alla raccolta firme e a nulla valsero le richieste al Governo Renzi e altre istituzioni avanzate anche con i comitati referendari per il no alla riforma costituzionale e per la legge elettorale.
Staderini fece nuovo ricorso alla Cassazione, denunciando l’incostituzionalità delle legge di raccolta firme sui referendum, ma la Cassazione rigettò con argomentazioni oggi smentite dall’Onu.
Il 13 maggio del 2017, Staderini scrisse al Presidente della Repubblica e poi al Governo Gentiloni proprio per scongiurare la condanna dell’Onu e chiedendo un intervento verso Parlamento e Governo inerte. Iniziò così la campagna “duran adam al Quirinale”, le cui ragioni sono state confermate dalla storica decisione del Comitato diritti umani dell’Onu.
Aggiornamento
Dopo che a fine dicembre 2019 la decisione del Comitato diritti umani è stata notificata allo Stato italiano, il 5 febbraio 2020 Staderini, De Lucia e il professor Cesare Romano hanno scritto a Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Ministro dell’Interno e Ministro degli Esteri, per chiedere ottemperanza a decisione e mettersi a disposizione per il ripristino della legalità nazionale e internazionale.
Finalmente si puo fare un referendum serio
Finalmente si puo fare un referendum. Serio
Complimenti orgoglioso di aver in piccola parte contribuito con 28 anni di ininterrotta iscrizione vi seguo anche oggi con eumsns e l iniziativa politici per caso sul fronte nazionale sono confuso e triste nel non vedervi con ruoli di responsabilità in radicali italiani un abbraccio virtuale e grazie
Wow
Purtroppo appena e mancato Marco dal partito che ho amato per quasi 60 anni e scaturito un covo di vipere che si autodefiniscono LIBERALI ! La mia cultura li riconosce come delinquenti comuni ! grazie ciao a tutti